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‘Dall’exCarcere di Villa Altieri emerge l’Atelier contro l’idolatria dell’arte contemporanea’ di Sergio Mario Illuminato

C’è un luogo sacro nell’arte: l’Atelier; dove l’artista vive la produzione intellettuale e creativa, dove ogni sua vulnerabilità viene messa a nudo nei fallimenti e negli errori, dove apprende il lavoro di alchimista della materia viva. È in questa cattedrale intima che si separa dal rumore del quotidiano ed espande le voci del tempo da cui vuole farsi raggiungere, per abbracciare l’autenticità e la bellezza di come vedere il mondo.

Qui la verità della sua esperienza umana non deve più essere tradotta da parole ma basta uno sguardo. Non a tutti è permesso di varcare la soglia dell’atelier solo perché non molti sono disponibili a rubare l’anima della genuina ispirazione, dell’apprendimento della verità di vita a cui l’artista vuole aderire e la genesi delle sue rivoluzioni. È qui, nell’atelier che permette a sé stesso di scoprire le crepe, i cunicoli, i sotterranei di questo continuo lavorio intellettuale e spirituale che poi nei luoghi delle esposizioni dei dispositivi realizzati sembra diventare una visione artistica reale e unitaria.

È difficile disvelare a chi non li ha frequentati la potenza che ingabbia un atelier, la debordante varietà di materiali che custodiscono. Perché la storia dell’arte è la storia degli atelier nei secoli.
Basta sfogliare i titoli dei libri ammucchiati in un laboratorio creativo per scoprire che andando a ritroso fino alle radici dei greci e dei romani si vive in questi spazi la mimesi discussa da Aristotele e l’idea suprema della bellezza di Platone. Il concetto di di-segno di giganti nel Rinascimento come Raffaello, Leonardo da Vinci e Michelangelo e l’idea emergente di genio riferito all’artista non solo come artigiano, ma anche filosofo e uomo di scienza. Negli atelier tocchi con mano nel barocco come la protezione di potenti famiglie e regnanti ha con-fuso l’espressione artistica e il potere, fino alla modernità dove gli atelier diventano luoghi di sperimentazione e ribellione facendo emergere filosofi capaci di influenzare la pratica artistica con concetti come l’esperienza soggettiva della realtà, il sublime…continuando con le avanguardie in questa esperienza di stupore e di terrore riguardo la verità personale. I titoli negli scaffali dell’atelier sono tanti ed eterogenei della materia sociale, culturale, politica, scientifica e quant’altro hanno condotto l’umanità dove oggi ci ritroviamo.

Se ai libri aggiungiamo i frammenti collezionati di oggetti, strumenti e materia senza ragione ci si sente come sul set di un distopico film di fantascienza dove l’uomo è andato via e l’apocalisse ha lasciato solo la fabbrica delle sue idee.
Girovagare nell’Atelier ci permette di frugare nello spirito ri-creativo dell’artista e capire dalle tracce mnestiche depositate che l’ora-zero per l’arte, per vivere un’esperienza di esistenza non esiste.

Non avevamo altra possibilità che riportare la fruizione dell’arte al suo rifugio per raccontare il disagio e la sofferenza che molti vivono nel vedere la creatività contemporanea che fatica a riprendere la sua funzione sociale in un tempo senza spessore in cui ingiustizie e sbandamenti portano molti a vivere ai margini, osservando da lontano lo scompiglio del mondo.

Abbiamo cercato di riaccendere contro la rimozione operata dalla casta degli artisti e del sistema dei nostri giorni, il fuoco che ancora è acceso al centro dell’atelier per raccontare la forza e l’energia vitale compressa nella distruzione creativa delle delocalizzazioni individuate da Parmiggiani nella sua infanzia. Nel nichilismo mitologico degli oscuri spazi ipogei di Kiefer.
Perché lo spazio più rilevante nel nostro cuore continua ad essere soprattutto riservato all’Informale e ai protagonisti che hanno eretto l’anfiteatro in cui il nostro cielo è vicino.

Nella sala museale al piano terra di Villa Altieri abbiamo innestato la rovina degli ‘Organismi Artistici Comunicanti’, nella loro disposizione più intima, in prossimità di alcune memorie statuarie di età antica e moderna del XVI e del XVII secolo e un piccolo Lapidario, accompagnati da una profusione di indizi e ogni strumento essenziale e propedeutico del processo creativo di tutti gli artisti transdisciplinari complici di questa esperienza.

Lasciati un po’ ovunque sopra il pavimento vetrato della Loggia attraverso cui è possibile vedere l’antica pavimentazione in acciottolato della Villa e i resti di alcune stratificazioni archeologiche emerse durante i lavori di restauro, troviamo libri, fotogrammi cinematografici, foto, movimenti di danza, suoni, un bric-à-brac di oggetti che spogliano l’ambiguità dell’arte del verso contro chi vuole allontanare la comprensione comune di sentimenti e sensibilità per certificare il proprio status elitario di artista ed aumentare il valore di scambio ed uso di dispositivi che hanno spento il potere trasformativo dell’arte e la sua capacità di ispirare cambiamento e crescita personale.

Così semplicemente un ciclo elicoidale del processo creativo viene portato agli spett-attori nell’Atelier di Villa Altieri a Roma per cercare di preservare l’autenticità dell’arte e promuovere la connessione emotiva tra individui e le proprie cattedrali di vulnerabilità.

In questo intricato labirinto di creatività e riflessione, c’è un particolare che non abbiamo voluto trascurare: gli spazi riservati ai giovani. Gli Istituti d’Istruzione Superiore Statale e le Accademie di Belle Arti hanno un ruolo cruciale nel futuro dell’arte e della sua funzione sociale. È fondamentale passare il testimone della nostra esperienza, dei nostri sforzi e delle nostre scoperte a coloro che seguiranno i nostri passi. L’exCarcere di Villa Altieri non è solo luogo fisico, ma anche mentale, dove la promessa di una nuova generazione si mescola con l’eredità dei secoli passati. È qui che l’arte diventa un ponte tra il passato, il presente e il futuro, un’ancora di continuità e innovazione per le generazioni a venire.

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